SEQUESTRO SCARPE. I CONSUMATORI CHIEDONO ETICHETTE TRASPARENTI E TRACCIABILITA’ DELLE FILIERE DELL’ABBIGLIAMENTO

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L’Agenzia delle Dogane ed i Monopoli e la Guardia di Finanza di Livorno che hanno sequestrato 12.707 paia di scarpe prodotte in Cina ed importate in Italia, 1826 delle quali recanti anche il marchio di una storica azienda manifatturiera di calzature come la “Zenobi 1946 Firenze Made in Italy”,  mette certamente in evidenza un mercato illegale  che  comporta per le casse dello Stato 783.000 Euro di  danno erariale.
Il mercato dell’abbigliamento è diventato da alcuni anni a questa parte un fenomeno di proporzioni gigantesche, di cui questo episodio di contraffazione scoperto dagli organismi di controllo, non rappresenta che la minima punta di un icebeg  – sostiene la presidente regionale dell’ACU Associazione Consumatori Utenti Toscana Clara Gonnelli  – infatti, ogni anno milioni di conteiner contenenti tonnellate di capi di abbigliamento attraccano nei porti europei, pronti per essere immessi nei circuiti di distribuzione, dove un tempo si trovavano magari degli insediamenti produttivi”.

Al di la di questi gravi problemi specifici che rappresentano una vera e propria frode, è fondamentale mettere in luce anche la non equa distribuzione dei costi delle filiere produttive nel libero mercato globale, in cui le funzioni di ricerca e sviluppo, marketing e distribuzione sono  nelle mani dei grandi gruppi internazionali, mentre le funzioni ad alta intensità di manodopera e basso valore aggiunto sono esternalizzate a fornitori e sub fornitori che possono mettere a disposizione eserciti flessibili di lavoratori a basso costo (magari anche bambini) con situazioni che possono sfociare nell’illegalità. Ciò, insieme a facilitazioni fiscali e ambientali legate alle politiche globali di incentivazione ha  portato molte imprese  italiane, strette in un una sorta di concorrenza ‘sleale’, a delocalizzare parti o intere filiere produttive in Paesi dai profitti più facili con conseguente perdita di posti di lavoro.

Per affrontare le complesse filiere dell’abbigliamento – prosegue Gonnelli – da alcuni anni ci siamo fatti promotori,  come associazione di consumatori, nella costruzione di  una inter-rete composta da una molteplicità di soggetti (www.naturalesolidale.it un sito web in cui stiamo immettendo materiali del progetto ‘Vesto naturale e solidale’ facente parte dei programmi generali della Regione Toscana finanziati dal Ministero dello Sviluppo Economico) che si sono posti l’obiettivo della promozione culturale come fondamento strutturale dell’economia e dello sviluppo sociale. Attualmente si sta cercando di creare alleanze tra consumatori e piccole e medie imprese che operano secondo criteri di sostenibilità e responsabilità sociale. C’è assolutamente bisogno di un sistema di etichettatura dei prodotti dell’abbigliamento TRASPARENTE E TRACCIABILE,  attraverso il quale il produttore racconti l’intero processo di ‘filiera’.  Si è arrivati al paradosso, che sia sufficiente una sola fase di lavorazione di ‘filiera’ realizzata  in Italia, affinché si possa apporre nell’etichetta il marchio di ‘garanzia’  ‘Made in Italy’”. Noi riteniamo che l’impresa abbia la responsabilità di rispettare i diritti dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente, nell’osservanza delle leggi, delle convenzioni e degli accordi internazionali e di costituire momenti stabili di confronto con tutte  le parti sociali (stakeholder compresi gli organismi che rappresentano i cittadini).

Carrara, 02/12/2014

Ufficio comunicazione dell’ACU Toscana

Per informazioni 335 68 60 992