COMUNICATO STAMPA DEL 8/02/2021
“Non ci avevano convinto le proposte fatte una quindicina di giorni fa a mezzo stampa dall’assessore al Bilancio di Massa, Pierlio Baratta, ma non è nemmeno chiaro il sindaco Francesco Persiani nell’intervista rilasciata oggi ad un quotidiano a proposito dell’uscita da Gaia, uscita che egli ha tanto decantato in campagna elettorale.
Non siamo legati a schemi ideologici e abbiamo un solo obiettivo – afferma il CCA dbr-Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni per la depurazione, le bonifiche e la ripubblicizzazione del servizio idrico (*) – che una gestione del servizio idrico,cioè dell’acqua, un diritto fondamentale, un servizio essenziale per la vita umana, una risorsa da tutelare ed una componente ambientale di grande impatto, rimanga in una logica pubblica, anche per il rispetto della volontà popolare espressa con il referendum del 2011.
Riteniamo, per questo scopo, non idonee le società di diritto privato, cioè le società per azioni o le società a responsabilità limitata, perché hanno come scopo l’utile e la sua divisione tra i soci, ossia il lucro ed il profitto. Un aspetto fortemente negativo, quello del profitto, ma non è il solo.
Perché la gestione del servizio sia realmente pubblica è necessario che gli indirizzi e le strategie di gestione siano una diretta competenza degli enti locali come, del resto, prevede l’ordinamento istituzionale dello Stato, ma anche la normativa specifica di settore come il decreto ambiente del 2006”.
Nelle società, questo ruolo dei Comuni è escluso. Sono le regole del diritto societario che lo impediscono e non esistono organismi strani che consentono un reale controllo del Comune sulla gestione del servizio, sono solo finzioni di controllo.
L’assessore Baratta propone, in alternativa la società consortile o la cooperativa consortile, ma, escludendo la cooperativa consortile che non esiste, possiamo riconoscere che nella società consortile lo scopo del profitto è sostituito dalla collaborazione tra i soci nello svolgimento delle proprie attività, questo, però, non è sufficiente perché anch’essa è assoggettata a tutte le regole del codice civile che, come detto, impediscono ai Comuni di svolgere il ruolo che a loro compete.
Oltretutto anche la società consortile non può essere uno strumento utilizzabile poiché la legge ne consente la partecipazione dei Comuni, ma solo per l’esercizio di attività consortili tra le quali, per la sua natura e per come indicato dalla normativa vigente, il servizio idrico non rientra.
“Perché ricercare nuovi modelli e nuove strade – dichiara il segretario nazionale del Forum Italiano dei movimenti per l’acqua Paolo Carsetti – se queste sono già previste da una norma che si chiama Testo Unico Enti Locali (TUEL) e che regola la vita, l’organizzazione e le attività dei Comuni? Questa legge prevede un ente strumentale dei Comuni che si chiama Azienda Speciale Consortile per la gestione in comune di servizi pubblici locali e che ne ha tutte le caratteristiche e capacità per garantire un servizio efficiente, efficace ed economico anche nell’interesse dei cittadini”.
Certo le regole della normativa riferita alla Pubblica amministrazione sono un impiccio, in una visione liberista, ma i vincoli sono utili e necessari quando si deve gestire beni comuni e non personali.
Le ragioni le hanno scritte gli amministratori di GAIA in un dossier del febbraio 2020, sottolineando che il “mancato riequilibrio dei poteri a vantaggio degli amministratori” è una delle cause particolarmente negative dell’Azienda Speciale Consortile. Infatti, in quest’ultima, gli amministratori non hanno alcun potere che, ovviamente, è attributo ai sindaci dei Comuni o loro delegati, e al direttore sono attribuite le funzioni di sola gestione del servizio in esecuzione degli indirizzi provenienti dai Comuni.
Nell’Azienda Speciale Consortile non esistono “padroni” nominati e non eletti come, al contrario avviene nelle società.
“Rivolgiamo pertanto un appello affinché tutti i sindaci soci di GAIA S.p.A, ma anche i consiglieri di maggioranza e di opposizione (molti dei quali hanno peraltro partecipato ai tre convegni nazionali promossi dallo stesso Coordinamento) – affermano i rappresentanti del CCA dbr – si esprimano pubblicamente dichiarando se vogliono una forma pubblica o privata per la gestione del servizio idrico integrato. In altro modo, si dà ai cittadini l’autorizzazione a pensare che le promesse fatte in campagna elettorale sono solo delle enunciazioni di principio”.